Continua a lavorare dopo i 65 anni è una scelta sempre più diffusa tra i pensionati italiani, sia per esigenze personali che economiche. La normativa attuale consente di mantenere un’attività lavorativa dopo il conseguimento della pensione di vecchiaia o anticipata, ma pone alcune regole specifiche su contributi previdenziali, tassazione del reddito, e benefici derivanti dai versamenti aggiuntivi.
Regole generali sui contributi oltre i 65 anni
Chi ha superato i 65 anni e decide di continuare a lavorare, sia come dipendente che come autonomo, è soggetto alle stesse regole contributive previste per gli altri lavoratori, salvo rare eccezioni. Dopo aver ottenuto la pensione di vecchiaia — generalmente accessibile a 67 anni con almeno 20 anni di contributi — non sono imposte limitazioni sul cumulo tra reddito da lavoro e pensione. Il lavoratore continua, quindi, a versare regolarmente i contributi previdenziali sulla retribuzione percepita, secondo il tipo di attività svolta e la categoria contrattuale di appartenenza.
I pensionati iscritti all’INPS che continuano l’attività lavorativa contribuiscono al sistema secondo le aliquote ordinarie. Un dipendente, ad esempio, versa il proprio contributo previdenziale calcolato in percentuale sul salario lordo, di cui una parte a carico del datore di lavoro e una parte a carico del lavoratore stesso.
I lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, professionisti) continuano a versare i contributi all’ente competente (come la Gestione separata INPS), in misura proporzionale al reddito dichiarato per ciascun anno fiscale. Gli importi possono variare in base alla tipologia di lavoro autonomo svolto.
Quanto versare di contributi previdenziali: esempi e aliquote
Dopo il compimento dei 65 anni, la quantità di contributi da versare dipende dal tipo di rapporto lavorativo:
Lavoratori dipendenti: l’aliquota contributiva per la pensione si aggira intorno al 33% del reddito lordo. Di questa, circa il 9-10% è a carico del lavoratore, il resto viene versato dal datore di lavoro. La base di calcolo resta la retribuzione imponibile.
Nota: la percentuale può variare leggermente in base al settore o a specifici contratti collettivi.Lavoratori autonomi: gli artigiani e commercianti pagano contributi alla propria gestione INPS in percentuale variabile, che per il 2025 si attesta tra il 24% e il 24,48% sul reddito dichiarato.
Professionisti iscritti alla Gestione Separata INPS versano il 26,23% del reddito, mentre chi è iscritto a una cassa professionale segue i regolamenti specifici della categoria.Pensionati che lavorano come occasionali: in caso di lavoro occasionale, si versa il contributo INPS pari al 33% sulla retribuzione, salvo deroghe o soglie di esenzione se il reddito annuo percepito è inferiore a un certo limite.
Nella maggior parte dei casi, e salvo rare eccezioni per settori specifici, non vi sono sconti o esenzioni per il fatto di avere già la pensione di vecchiaia; il diritto al trattamento pensionistico non fa decadere la natura obbligatoria della contribuzione previdenziale legata all’attività lavorativa svolta dopo i 65 anni.INPS
Effetti dei contributi versati dopo i 65 anni
I contributi aggiuntivi versati dopo i 65 anni possono avere due effetti principali:
Maggiorazione della pensione: continuando a lavorare e a versare contributi, si accresce il montante contributivo, cioè il totale dei versamenti effettuati durante la vita lavorativa. Questo determina una futura rivalutazione dell’importo pensionistico, anche tramite ricalcolo e supplemento della pensione già in godimento.Pensione di vecchiaia
Accesso a supplementi: è possibile chiedere il cosiddetto supplemento di pensione alla maturazione di nuovi requisiti contributivi, da presentare all’ente previdenziale secondo le regole vigenti. Il supplemento viene liquidato a cadenza biennale.
Secondo le regole del sistema contributivo, il montante accumulato viene rivalutato in base all’andamento del Prodotto Interno Lordo (PIL) degli ultimi cinque anni. Il vantaggio concreto nella rivalutazione dipende dall’entità dei contributi che si riescono a versare e dalla variazione dei coefficienti di trasformazione, che aumentano con l’età, rendendo l’attesa più prolungata spesso vantaggiosa per l’importo della pensione futura.
Ad esempio, un lavoratore che decide di lavorare un anno in più oltre la soglia della pensione può ottenere incrementi annuali dell’assegno pensionistico che superano i mille euro lordi, secondo simulazioni recenti. Il coefficiente di trasformazione, che regola la conversione del montante in rendita annuale, cresce progressivamente con l’età — dal 5,72% a 67 anni al 5,93% a 68 anni, comportando un vantaggio economico non trascurabile per chi può rimandare l’uscita dal mercato del lavoro.
Pensionati e lavoro: regole di cumulo e limiti
Una delle novità più rilevanti degli ultimi anni riguarda la possibilità di cumulo libero tra pensione e reddito da lavoro. Contrariamente a quanto avveniva in passato, oggi il pensionato può percepire sia l’assegno pensionistico che il compenso da lavoro senza limiti, né penalizzazioni, salvo le regole fiscali e previdenziali ordinarie.
L’eccezione riguarda alcune tipologie di pensioni anticipate e prestazioni assistenziali per le quali permangono limiti di reddito compatibile oppure sono previste riduzioni dell’importo pensionistico in caso di superamento di soglie prefissate. Per la pensione di vecchiaia, invece, il cumulo è totale e non soggetto a riduzioni.
Chi continua a lavorare dopo i 65 anni ma non ha ancora maturato la pensione di vecchiaia, prosegue la contribuzione ordinaria secondo il proprio rapporto di lavoro fino al compimento dei requisiti anagrafici e contributivi necessari al pensionamento.
Categorie particolari e deroghe
Esistono deroghe e regimi agevolati per alcune categorie di lavoratori, in forza delle normative storiche come la cosiddetta “legge Amato”, che permette a chi ha versato almeno 15 anni di contributi prima del 1992 di accedere a una pensione anticipata. Per il sistema retributivo e misto, i requisiti contributivi e le regole di calcolo sono diversi rispetto al sistema contributivo puro, riservato ai lavoratori assunti a partire dal 1 gennaio 1996.
- Sistema retributivo: pensione calcolata in base agli ultimi stipendi percepiti.
- Sistema contributivo: pensione calcolata sulla base dei contributi effettivamente versati nell’arco dell’intera vita lavorativa.
- Sistema misto: applica criteri del retributivo fino al 31 dicembre 1995 e del contributivo dai periodi successivi.
Questi meccanismi influenzano sia la maturazione della pensione che il valore finale dell’assegno mensile, e dunque anche la convenienza economica di continuare a lavorare oltre i 65 anni.
Gli aspetti fiscali
I pensionati che mantengono un’attività lavorativa sono soggetti a tassazione ordinaria sul reddito derivante dal lavoro — da dichiarare annualmente — oltre che sull’importo dell’assegno pensionistico. Le aliquote IRPEF si applicano sulla somma delle entrate complessive; non esistono deduzioni automatiche o favori fiscali specifici per chi percepisce la pensione ma prosegue l’attività lavorativa. È necessario prestare attenzione a eventuali scaglioni che possono far salire la pressione fiscale.
Come richiedere supplementi e gestire la posizione contributiva
Chi continua l’attività lavorativa dopo il pensionamento può, in seguito, richiedere un supplemento di pensione all’INPS, presentando domanda attraverso i canali telematici o accedendo ai servizi del portale MyINPS. Il supplemento può essere richiesto trascorsi almeno due anni dalla decorrenza della pensione e dopo aver maturato nuovi contributi. L’importo viene calcolato in modo analogo alla pensione originaria, in base al montante contributivo aggiuntivo e ai coefficienti di età. È importante monitorare la posizione contributiva tramite l’estratto conto INPS aggiornato, per verificare l’esatto ammontare versato e simulare gli incrementi possibili dell’assegno.
In sintesi, lavorare dopo i 65 anni in Italia comporta il versamento degli stessi contributi previdenziali previsti per il resto della popolazione attiva, senza agevolazioni dirette per il solo fatto di avere già maturato la pensione. Tuttavia, questa scelta può risultare vantaggiosa, in quanto permette di aumentare il montante contributivo e, di conseguenza, l’assegno pensionistico futuro, sia tramite la rivalutazione dei coefficienti di trasformazione che attraverso il diritto ai supplementi di pensione.